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Sandro Staiano (Università Federico II di Napoli): «Riforma che spacca i territori. Solo il M5S dialoga»

Articolo di Patrizio Mannu pubblicato mercoledì 31 luglio 2019 dal Corriere della Sera.

«Riforma che spacca i territori. Solo il M5S dialoga»

Staiano, a capo dell’Osservatorio sul regionalismo della Federico II

Si comincia con un’autocritica onesta. «C’è stata anche da parte di noi studiosi una sottovalutazione del regionalismo differenziato. Della sua portata, del suo impianto dirompente». E si arriva alla contromisura. «Per questo a Napoli, in seno alla Federico II, nasce l’Osservatorio sul regionalismo differenziato. Sede di discussione e analisi». A parlare così è Sandro Staiano, costituzionalista dell’ateneo federiciano e coordinatore dell’Osservatorio. «Ho scelto di essere coordinatore piuttosto che presidente», ironizza.

Professor Staiano, cosa farà l’Osservatorio?

«Offrirà proposte e analisi, spiegando non solo cosa e giusto o meno fare, ma soprattutto “come” farlo. Indicheremo al legislatore soluzioni ragionevoli ed efficienti».

Da chi è composto?

«Sono presenti i 25 dipartimenti della Federico II ma anche università del Nord. Le faccio qualche nome: Massimo Villone, costituzionalista, gli economisti Floriana Cerniglia dell’Università Cattolica di Milano, Adriano Giannola della Federico II, Gianfranco Viesti dell’Università di Bari, Anna Poggi dell’ateneo di Torino. E siamo aperti a tutti».

Per la fondazione, il 29 luglio, c’era anche Di Maio.

«Di Maio è l’unico politico che ha dimostrato apertura al dialogo. Ha anche promesso di inserire nell’Osservatorio tutti i capi degli uffici legislativi dei ministeri. È una cosa di rilievo visto che tali uffici sono in possesso dei dati reali che a noi servono per le analisi».

Cosa non piace del regionalismo a lei e ai suoi colleghi dell’Osservatorio?

«Tale riforma crea una sperequazione e mina quello che noi studiosi chiamiamo la forma di Stato, crea una frattura fra territori e quindi incrina la libertà di un Paese».

Quando sarete pronti con una prima analisi?

«Credo già dai primi giorni di settembre».

Lei dice che l’Osservatorio è aperto a tutti. Ha pensato a invitare il presidente del Veneto Zaia, almeno per un confronto?

«Guardi a proposito dell’Osservatorio, Zaia ha detto che “se i napoletani vogliono studiare l’autonomia, facciano pure tanto si sa come va a finire”. Un tantino sprezzante. Noi non siamo “napoletani”, siamo studiosi. Siamo la Federico II, cioè 800 anni di storia. Noi 800 anni fa studiavamo in maniera scientifica la Legge. Non so cosa facessero gli antenati di Zaia ottocento anni fa».

No Autonomia, Di Maio si schiera con i docenti. Forum alla Federico II

Articolo di Conchita Sannino pubblicato lunedì 29 luglio 2019 da la Repubblica ed. Napoli.

No Autonomia Di Maio si schiera con i docenti

Forum alla Federico II

Si chiama Osservatorio. Si legge: argomentato e duro dissenso, firmato dagli accademici del sud. Dopo il manifesto reso pubblico già a giugno, oggi comincia ufficialmente la “rivolta” dei professori dell’Università Federico II contro quel regionalismo differenziato che direttori di Dipartimento e presidenti delle Scuole condannano perché «in irrimediabile contrasto con il quadro costituzionale». Anzi: un progetto politico che è figlio di «una pulsione cieca che rende egoisti». La novità, non troppo scontata fino a poco fa, è che il relatore d’eccezione – stamane, al convegno di presentazione, Aula Pessina nella sede centrale del corso Umberto, ore 9.30 – sarà il vicepremier Luigi Di Maio.
Il due volte ministro e leader del Movimento 5S, dopo l’impegno stilato nel “contratto” con la Lega a portare a casa quell’Autonomia peraltro ipotizzata dal via al referendum del precedente governo Pd – dopo aver rivisto il dossier e valutato i rischi di secessione (oltre che la caduta di consensi), ha cambiato approccio. «Se qualcuno sta giocando a spaccare l’Italia, questo non lo permetteremo», è l’ultima linea di Di Maio, ripetuta anche in video, una settimana fa. Più netta e datata l’opposizione del presidente della Camera, Roberto Fico, che aveva già da mesi segnalato la incostituzionalità della proposta di Lombardia e Veneto, in particolare ribadendo che nessuna intesa sarebbe passata «se non attraverso un esame rigoroso, completo, da fare in Parlamento».
Ma la linea tracciata dai professori della Federico II va molto oltre queste diffidenze. La mattinata sarà aperta dal rettore Gaetano Manfredi. Introduce il professore Sandro Staiano, direttore del Dipartimento di Giurisprudenza (e tra i promotori dell’Osservatorio), intervengono Massimo Villone emerito di Diritto costituzionale; Giuseppe Tesauro, presidente emerito della Corte Costituzionale; Adriano Giannola, presidente Svimez; Floriana Cerniglia, ordinario di Economia politica all’Università del Sacro Cuore di Milano; Gianfranco Viesti ordinario di Economia applicata a Bari.
«Un’autonomia chiesta e applicata nei termini in cui vorrebbero Lombardia e Veneto? Ma è pura follia, oltre ad essere profondamente incostituzionale», sottolinea con Repubblica il professore Tesauro, peraltro “corteggiato” dal Movimento 5S anche alla vigilia dell’ingresso dei pentastellati a Palazzo Chigi. «Tutti coloro che ritengono valida questa assurda intesa si appigliano al fatto che ci sia stato un referendum. E allora? Qui si parla del destino della coesione nazionale. Si tratta di livelli sideralmente distanti», ribadisce il presidente emerito della Corte costituzionale.
La Federico II – con i suoi 795 anni di storia – sul piede di guerra, avendo «contribuito a formare le migliori classi dirigenti italiane», come ricordano i docenti nel loro appello di giugno. Tre pagine per ricordare e mettere in guardia «dalla crescita delle asimmetrie lungo la linea di frattura Nord-Sud», in particolare nelle «misure di “differenziazione” che già riguardano il sistema universitario e dell’istruzione in genere».
E per i dati relativi «alla garanzia del diritto allo studio, con la Campania agli ultimi posti, insieme a Calabria e Sicilia, per percentuali di aventi diritto che accede alle borse di studio (fonte: Corte dei Conti)». Con l’Autonomia, anche l’Università – con il resto del territorio, e dei giovani in particolare – conterebbe gravi danni. «In maniera irreversibile e – chiosano i professori – in termini drammatici per le sorti dell’intero Paese».

Massimo Villone (Università Federico II di Napoli) – Due milioni di veneti non decidono per l’Italia

Articolo pubblicato lunedì 22 luglio 2019 da la Repubblica ed. Napoli.

Due milioni di veneti non decidono per l’Italia

Sull’autonomia il premier Conte notifica ai governatori che non possono avere tutto quello che chiedono. Sulla scuola, il sottosegretario Giuliano (M5S) informa che «tutto il personale e quindi anche il curricolo, quello che si farà a scuola, rimane di competenza nazionale». Zaia, “basito”, afferma: «Noi veneti ne abbiamo le tasche piene di tutta questa storia … è una autentica presa in giro (copyright Bonaccini, NdA) … a nome dei 2 milioni 328 mila veneti che hanno votato per il sì all’autonomia dico che siamo stanchi, stanchissimi. La misura è colma». Fontana segue a ruota con gli insulti sui “cialtroni” al governo.
Dopo il ceffone, Conte scrive (Corriere della sera, 21 luglio) un – troppo – accorato appello ai cittadini lombardo-veneti. L’aggressività degli aspiranti secessionisti testimonia la loro voglia di farsi Stato. Zaia e Fontana schiumano di rabbia perché con la regionalizzazione integrale del personale della scuola, ora cancellata, già pregustavano una succulenta polpetta di governo di decine di migliaia di docenti e 8 o 10 miliardi in più. Ma non è finita. Sopravvive la disposizione che smantella la potestà legislativa statale in materia di “norme generali sull’istruzione”? Se così fosse, l’intesa rimarrebbe inaccettabile.
Oggi segniamo un piccolo punto per l’unità della Repubblica, ma i rischi per il Sud e il paese sono ancora molti e gravi, dalle risorse all’ambiente, alle infrastrutture, al lavoro, alla sanità e altro ancora. Come sempre, le carte sono nascoste da una fitta nebbia e al popolo sovrano non è dato sapere.
Preoccupa, poi, la bellicosa Stefani: «Chi riesce a garantire servizi efficienti riuscendo a risparmiare dovrà gestire come meglio crede queste risorse. … Premiare e stimolare l’efficienza e punire gli incapaci, sono questi gli obiettivi della Lega per far crescere il Paese» (Libero, 20 luglio). Il mondo della Stefani si divide in incapaci al Sud e virtuosi al Nord, secondo i luoghi comuni – ormai smentiti ampiamente – che hanno inquinato il dibattito. Si vuole o no giungere preliminarmente alla definizione di lep e fabbisogni standard, superando la spesa storica che è in danno del Sud? O si punta al privilegio sulle risorse per le tre regioni, certificato da fonti non sospette come pericoloso per la finanza pubblica e la coesione nazionale? Prepari le armi De Luca, senza illudersi di essere un giorno trattato alla pari.
La Stefani dovrebbe vergognarsi. Se gli stracci volano, è colpa sua e della sua segreta e privatissima trattativa con le regioni. Come ministro della Repubblica avrebbe potuto e dovuto aprire la fase preparatoria alle altre regioni, a esperti, studiosi, organi indipendenti, forze sociali, associando per tempo e non a cose fatte i ministri competenti per materia, informando periodicamente le Camere sugli stati di avanzamento, verificando in corso d’opera gli equilibri realizzabili e i limiti costituzionali e finanziari. Invece, ha consentito, o favorito, che in segreto le bozze di intesa gonfiassero a dismisura i pre-accordi Bressa-Gentiloni, andando ben oltre il richiamo nel “contratto” di governo.
L’errore della Stefani va corretto, riconducendo la discussione sull’autonomia su binari di serietà scientifica, di dati affidabili, di rispetto della Costituzione. Per questo, il Dipartimento di giurisprudenza dell’Università Federico II terrà lunedì 29 luglio la prima riunione dell’osservatorio permanente sul regionalismo differenziato, il cui obiettivo è seguire con continuità e con analisi ragionate i lavori nelle sedi istituzionali. Introdurrà il direttore Staiano, parteciperanno Giannola, Viesti, Esposito, Cerniglia e io stesso. Interverrà Di Maio, con il quale si cercherà una interlocuzione lontana da qualsiasi tifoseria.
Presidente Zaia, la smetta di marciare su Roma con il mantra che 2.328.000 veneti hanno votato sì all’autonomia. Ci rammenta che circa 45 milioni di altri italiani aventi diritto al voto non hanno mai avuto occasione di parlare. Nessuno ha chiesto a loro – invero, nemmeno ai lombardo-veneti – se si dovesse o potesse regionalizzare la scuola, quel che resta del servizio sanitario nazionale, l’ambiente, le sovrintendenze, beni culturali vanto dell’Italia nel mondo, o ancora infrastrutture – pagate con i soldi di tutti gli italiani e poste a garanzia del debito sovrano – che lei vorrebbe ora trasferite al demanio regionale. Anche quei 45 milioni di italiani sono stanchi, stanchissimi. Anche noi ne abbiamo le tasche piene. Anzi, a esser sinceri, lei, con la sua allieva ed emula Stefani, ce le ha proprio sfondate.

Massimo Villone – Autonomia, un addio al Sud

Articolo pubblicato mercoledì 3 luglio 2019 da la Repubblica ed. Napoli.

Autonomia, un addio al Sud

Contro l’autonomia differenziata si sono a lungo levate solo voci di studiosi e di società civile. In campo ci siamo trovati inizialmente in pochi: Viesti, Giannola, Esposito, io stesso, associazioni della scuola, organizzazioni di medici, imprenditori. Ma pian piano studi e denunce hanno fatto breccia.
Il sindacato ha parlato con voce chiara a Reggio Calabria. L’università di Napoli Federico II ha approvato un documento di dura critica. Un appunto del Dipartimento affari giuridici e legislativi per il premier Conte ha stroncato il progetto in salsa gialloverde. Diamanti ci informa di una maggioranza di favorevoli per l’autonomia regionale. Ma la rilevazione non coglie il nuovo clima, e probabilmente ancora risente della insufficiente informazione e della pervasiva pubblicità ingannevole di chi sostiene che “andrà meglio per tutti”.
Invece, di fronte all’evidenza si sono finalmente levate voci dai palazzi della politica. Parlamentari come Boccia, Nugnes, Presutto, Amitrano, Ruocco lo hanno ammesso: alla base della pressione leghista c’è una menzogna che rappresenta il Sud come un pozzo senza fondo che divora le ricchezze del Nord virtuoso ed efficiente. È falso, come le cifre – quelle giuste e non taroccate – dimostrano. Cifre mai smentite, e che già avevano trovato qualche eco in parlamento.
Una buona notizia potrebbe essere la nomina di Oddati – di cui abbiamo stima – come responsabile per il Mezzogiorno nella segreteria Pd. Ma il terreno è minato. Zingaretti spera di trovare con lui una copertura credibile alla linea di contrapporre la “buona” autonomia dell’Emilia-Romagna a quella “cattiva” di Lombardia e Veneto. Ma è una linea insostenibile, come ho scritto su queste pagine. Oddati o riesce a farla cambiare, o affonda nella palude con il Pd, che proprio rincorrendo la Lega rischia alla fine di consegnare l’ex regione rossa a Salvini.
Segnaliamo in specie a Oddati che non si può condividere l’idea del sottofinanziamento del Mezzogiorno, e al tempo stesso sostenere che l’Emilia-Romagna è tutt’altra cosa. La prova si trae dal fatto che sul punto cruciale delle risorse la richiesta di Bonaccini & Co. è uguale a quella di Fontana e Zaia (punto 5 della “parte generale concordata” pubblicata sul sito del ministero delle autonomie). Come afferma anche l’appunto al premier Conte del Dipartimento affari giuridici, non c’è modo di evitare l’indebito vantaggio per le tre regioni a danno delle altre.
Secondo le ultime interviste di Fontana e Zaia (Libero, 1 luglio) chi si oppone all’autonomia lo fa per slogan. Al contrario. Ci si oppone con le cifre. È slogan la loro apodittica affermazione che l’autonomia fa bene a tutti. Lo dicano ai bambini di Casoria o di Reggio Calabria, che sono e con la loro autonomia rimarrebbero – senza asilo nido. Lo dicano a chi nella scuola difende l’identità e l’unità nazionale, e rifiuta di barattare la propria dignità con i pochi spiccioli concessi da un potere arrogante. Parlino delle materie non integralmente devolvibili, come le definisce l’appunto del Dipartimento per il premier, e tuttavia oggetto delle loro pretese. Smentiscano con cifre non taroccate lo scippo al Sud. Dimostrino l’efficientamento del paese, fin qui solo presunto. Ci spieghino come conciliare il buon governo e la buona amministrazione tanto decantati con le provate infiltrazioni della criminalità organizzata, il Mose, i governatori ospiti delle patrie galere.
Dicono che bisogna leggere le carte. Giusto. Peccato che le abbia chiuse nel cassetto la Stefani, impegnata a declassare la sua poltrona ministeriale a strapuntino di Zaia. Ma quel che abbiamo nonostante tutto visto, ci basta. Il disegno separatista di abbandonare il Sud per il miraggio di un grande Nord che si distacca e si aggancia all’Europa esiste, e ne ho dato già conto. Da ultimo, ho qui richiamato l’intervista di Cirio, neo-governatore del Piemonte (Il Tempo, 24 giugno). Si aggiunge (Adige, 1 luglio) Dellai, per un ventennio esponente politico di primo piano in Trentino-Alto Adige, che chiede esplicitamente di lavorare per un “asse” del Nord con Bolzano e Innsbruck, “nella prospettiva di una più vasta coalizione alpina”. È un disegno che le baruffe da pollaio in chiave pre-elettorale cui assistiamo certo non aiuteranno a fermare.
Un lettore torinese di Repubblica lamenta (1 luglio) che di sera non c’è un Frecciarossa o Italo da Torino verso Milano. Cosa dovremmo dirgli, che la sera nemmeno da Napoli a Roma? E che però Reggio Calabria non li vede mai? I treni come gli asili. Stia sereno. Nell’essere Sud non ci batte nessuno.

Interventi al convegno organizzato dall’Università Federico II di Napoli su “Il regionalismo differenziato” (29 maggio 2019)

Gli interventi sono visibili dall’archivio di Radio Radicale:

https://www.radioradicale.it/scheda/575352/il-regionalismo-differenziato

Evento promosso dal Dipartimento di Giurisprudenza dell’Università degli Studi di Napoli “Federico II”.

Convegno “Il regionalismo differenziato“, registrato a Napoli mercoledì 29 maggio 2019 alle 10:30.

Sono intervenuti:

Michele Scudiero (professore emerito di Diritto Costituzionale presso l’Università degli Studi di Napoli Federico II)

Gaetano Manfredi (magnifico Rettore dell’Università degli Studi di Napoli Federico II)

Sandro Staiano (direttore del Dipartimento di Giurisprudenza dell’Università degli Studi di Napoli “Federico II”)

Luigi De Magistris (sindaco del Comune di Napoli)

Ettore Cinque (assessore al Bilancio della Regione Campania)

Franco Gallo (presidente emerito della Corte Costituzionale)

Adriano Giannola (presidente della SVIMEZ (Associazione per lo sviluppo dell’industria del Mezzogiorno))

Anna Maria Poggi (ordinario di Diritto Costituzionale all’Università degli Studi di Torino)

Massimo Villone (professore emerito di Diritto Costituzionale all’Università degli Studi di Napoli Federico II)

Teresa Panico (docente di Economia ed Estimo Rurale all’Università degli Studi di Napoli Federico II)

Giuseppina Mari (docente di Diritto Amministrativo all’Università degli Studi di Napoli Federico II)

Aldo Barba (docente di Politica Economica all’Università degli Studi di Napoli Federico II)

Paola Coppola (docente di Diritto Tributario all’Università degli Studi di Napoli Federico II)

Alberto Lucarelli (professore di Diritto Pubblico all’Università degli Studi di Napoli Federico II)

Roberta Alfano (docente di Diritto Tributario all’Università degli Studi di Napoli Federico II)

Fabio Villone (docente di Elettrotecnica all’Università degli Studi di Napoli Federico II)

Guido Capaldo (docente di Ingegneria Economico-Gestionale all’Università degli Studi di Napoli Federico II)

Giuliano Laccetti (docente di Informatica all’Università degli Studi di Napoli Federico II)

Bruno Catalanotti (ricercatore di Chimica Farmaceutica all’Università degli Studi di Napoli Federico II)

Raffaele Zarrilli (docente di Igiene Generale e Applicata allUniversità degli Studi di Napoli Federico II)

Claudia Casella (ricercatrice di Medicina Legale all’Università degli Studi di Napoli Federico II)

Alessandro Pezzella (ricercatore di Chimica Organica all’Università degli Studi di Napoli Federico II)

Rosa Lanzetta (docente di Chimica Organica all’Università degli Studi di Napoli Federico II)

Domenico Calcaterra (docente di Geologia Applicata all’Università degli Studi di Napoli Federico II)

Achille Basile (docente di Metodi Matematici all’Università degli Studi di Napoli Federico II)

Nicola Ferrara (docente di Medicina Interna all’Università degli Studi di Napoli Federico II)

Vittorio Amato (professore di Geografia Politica ed Economica all’Università di Napoli Federico II)

Fortunato Musella (ordinario di Scienza Politica all’Università degli Studi di Napoli Federico II)

Edoardo Massimilla (docente di Storia della Filosofia all’Università degli Studi di Napoli Federico II)

Luigi Musella (docente di Storia Contemporanea all’Università degli Studi di Napoli “Federico II”)

Luigi Califano (docente di Chirurgia Maxilofacciale all’Università degli Studi di Napoli Federico II)

Maria Rosaria Iesce (docente di Chimica Organica all’Università degli Studi di Napoli Federico II)

Aurelio Cernigliaro (presidente della Scuola di Scienze Umane e Sociali dell’Università Federico II di Napoli).

Tra gli argomenti discussi: Autonomia, Concorrenza, Cultura, Diritti Sociali, Docenti, Economia, Finanziamenti, G7, Giovani, Istruzione, Napoli, Nord, Politica, Questione Meridionale, Questione Settentrionale, Regioni, Stato, Sud, Sviluppo, Territorio, Unione Europea, Università.

La registrazione video di questo convegno ha una durata di 6 ore e 18 minuti.