Fino a 30 scuole per un preside. “Così diventiamo passacarte”

Articolo di Virginia Della Sala pubblicato giovedì 4 gennaio 2024 da il Fatto Quotidiano.

Tagli e Istituti: di cosa stiamo parlando. Nel Pnrr è stata prevista la riorganizzazione del sistema scolastico che include l’assegnazione dei dirigenti scolastici (e quindi delle autonomie) sulla base della popolazione scolastica regionale invece che per istituto, come finora. È legato alla prospettiva del calo demografico e alla necessità di eliminare le reggenze, ovvero la gestione multipla da parte dei presidi degli istituti sotto i 600 alunni (400 in piccole isole e comuni montani). Comuni e Regioni hanno promosso diversi ricorsi contro la nuova norma, ma la Consulta ha stabilito che sul tema specifico prevale la competenza statale.

Ecco cosa accadrà, racconta Andrea Codispoti, dirigente scolastico cosentino: dall’accorpamento amministrativo dei plessi scolastici di Montalto Uffugo, in provincia di Cosenza, e Scigliano, potrebbero esserci 65 chilometri da percorrere se un genitore volesse incontrare con urgenza il dirigente scolastico. O ancora, i docenti potrebbero dover scegliere tra queste due sedi per continuare a insegnare nella stessa scuola. Già, perché gli edifici non saranno tagliati ma la loro gestione sì: molti dirigenti e personale amministrativo, con il dimensionamento scolastico in arrivo a settembre, vedranno aumentare la platea di lavoro, lavoratori e studenti e sedi da gestire. Ufficialmente in nome dell’efficienza, in realtà in nome del risparmio.

I Comuni, le Regioni e anche (una parte dei) dirigenti scolastici si oppongono al piano che, inserito nel Pnrr, riduce le autonomie scolastiche da circa 8mila a poco più di 7mila in un triennio, per poi proseguire fino al 2032. Una battaglia senza esclusione di colpi: ricorsi e sentenze di Tar, Consiglio di Stato e Consulta. Alla fine la ragione è andata al ministero di Giuseppe Valditara: il dimensionamento va fatto, lo Stato ha competenza in materia, gli enti locali decidono come. Pur di non assumere nuovo personale, meglio dunque prevedere maxi scuole da almeno 900 alunni (finora il limite minimo per avere un dirigente era 600) salvo casi eccezionali. Chi sostiene la riforma dice che è un modo per eliminare le reggenze e ottimizzare il sistema: in realtà è un modo per razionalizzare, accorpando, il personale invece di assumerne di nuovo. Con non poche difficoltà. Al punto che in molti casi è stata FdI stessa a spingere perché in CdM si approvasse una deroga del 2,5% delle istituzioni da tagliare almeno per il primo anno e si prorogasse fino a domani la scadenza per la presentazione dei piani mentre il ministro dell’Istruzione annunciava 21 milioni l’anno per l’arrivo dei vicari, docenti esautorati dall’insegnamento per fare da stampella dirigenziale dove ce ne sia bisogno. Uno strano gioco delle tre carte, ma a ribasso visto che comunque non basteranno.

Basti pensare al caso calabrese raccontato da Tuttoscuola. Qui, alla fine del procedimento, saranno soppresse quasi un quarto delle istituzioni esistenti. “Le 360 istituzioni scolastiche funzionanti in questo anno scolastico si ridurranno di 79 unità già dal 2024/25…attestandosi alla fine a 276″. Saranno soppresse in tutto 84 istituzioni scolastiche, il 23,3%, e gli accorpamenti sfoceranno in situazioni al limite del controllo e della gestione da parte della dirigenza scolastica preposta e dei Direttori dei Servizi Generali e Amministrativi coinvolti”. Con un ulteriore aggravio: se nel 2001 ciascun dirigente scolastico si occupava in media di 3,9 sedi scolastiche, nel 2022 era arrivato a 5,2. Nel 2032, è la prospettiva, ciascuno ne seguirà in media 6,1. “Qualcuno si dividerà anche tra 20 o 30 sedi a decine di chilometri di distanza” conclude Tuttoscuola.

“Il dimensionamento è stato poi fatto davvero male – continua Codispoti, che è anche segretario regionale Uil Scuola -: ci saranno degli istituti che manterranno la loro autonomia con poco più di 200 alunni, nonostante non siano in zone ad alto rischio e altri che raggiungeranno quote di 1.600 alunni e in cui sarà impossibile concentrarsi sulla qualità della formazione e della relazione con docenti e famiglie. Saremo semplici firma carte”. La libertà lasciata agli enti locali di redigere i piani ha favorito infatti scelte arbitrarie o basate sul colore politico. O scontri. A Vibo Valentia, per dire, la Provincia non aveva approvato il piano, i consiglieri hanno abbandonato l’assemblea in protesta e hanno fatto cadere il numero legale. La Provincia di Cosenza ha invece dovuto correggerlo. Nel resto d’Italia non va meglio: in Puglia, l’Itet dell’istituto Bozzini Fasani di Lucera, che quest’anno compie un secolo, perderà la sua autonomia; in Basilicata le scuole delle aree interne sono in subbuglio. Ovunque, vince chi grida di più o chi, nel peggiore dei casi, ha colore politico favorevole.