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Interventi al convegno organizzato dall’Università Federico II di Napoli su “Il regionalismo differenziato” (29 maggio 2019)

Gli interventi sono visibili dall’archivio di Radio Radicale:

https://www.radioradicale.it/scheda/575352/il-regionalismo-differenziato

Evento promosso dal Dipartimento di Giurisprudenza dell’Università degli Studi di Napoli “Federico II”.

Convegno “Il regionalismo differenziato“, registrato a Napoli mercoledì 29 maggio 2019 alle 10:30.

Sono intervenuti:

Michele Scudiero (professore emerito di Diritto Costituzionale presso l’Università degli Studi di Napoli Federico II)

Gaetano Manfredi (magnifico Rettore dell’Università degli Studi di Napoli Federico II)

Sandro Staiano (direttore del Dipartimento di Giurisprudenza dell’Università degli Studi di Napoli “Federico II”)

Luigi De Magistris (sindaco del Comune di Napoli)

Ettore Cinque (assessore al Bilancio della Regione Campania)

Franco Gallo (presidente emerito della Corte Costituzionale)

Adriano Giannola (presidente della SVIMEZ (Associazione per lo sviluppo dell’industria del Mezzogiorno))

Anna Maria Poggi (ordinario di Diritto Costituzionale all’Università degli Studi di Torino)

Massimo Villone (professore emerito di Diritto Costituzionale all’Università degli Studi di Napoli Federico II)

Teresa Panico (docente di Economia ed Estimo Rurale all’Università degli Studi di Napoli Federico II)

Giuseppina Mari (docente di Diritto Amministrativo all’Università degli Studi di Napoli Federico II)

Aldo Barba (docente di Politica Economica all’Università degli Studi di Napoli Federico II)

Paola Coppola (docente di Diritto Tributario all’Università degli Studi di Napoli Federico II)

Alberto Lucarelli (professore di Diritto Pubblico all’Università degli Studi di Napoli Federico II)

Roberta Alfano (docente di Diritto Tributario all’Università degli Studi di Napoli Federico II)

Fabio Villone (docente di Elettrotecnica all’Università degli Studi di Napoli Federico II)

Guido Capaldo (docente di Ingegneria Economico-Gestionale all’Università degli Studi di Napoli Federico II)

Giuliano Laccetti (docente di Informatica all’Università degli Studi di Napoli Federico II)

Bruno Catalanotti (ricercatore di Chimica Farmaceutica all’Università degli Studi di Napoli Federico II)

Raffaele Zarrilli (docente di Igiene Generale e Applicata allUniversità degli Studi di Napoli Federico II)

Claudia Casella (ricercatrice di Medicina Legale all’Università degli Studi di Napoli Federico II)

Alessandro Pezzella (ricercatore di Chimica Organica all’Università degli Studi di Napoli Federico II)

Rosa Lanzetta (docente di Chimica Organica all’Università degli Studi di Napoli Federico II)

Domenico Calcaterra (docente di Geologia Applicata all’Università degli Studi di Napoli Federico II)

Achille Basile (docente di Metodi Matematici all’Università degli Studi di Napoli Federico II)

Nicola Ferrara (docente di Medicina Interna all’Università degli Studi di Napoli Federico II)

Vittorio Amato (professore di Geografia Politica ed Economica all’Università di Napoli Federico II)

Fortunato Musella (ordinario di Scienza Politica all’Università degli Studi di Napoli Federico II)

Edoardo Massimilla (docente di Storia della Filosofia all’Università degli Studi di Napoli Federico II)

Luigi Musella (docente di Storia Contemporanea all’Università degli Studi di Napoli “Federico II”)

Luigi Califano (docente di Chirurgia Maxilofacciale all’Università degli Studi di Napoli Federico II)

Maria Rosaria Iesce (docente di Chimica Organica all’Università degli Studi di Napoli Federico II)

Aurelio Cernigliaro (presidente della Scuola di Scienze Umane e Sociali dell’Università Federico II di Napoli).

Tra gli argomenti discussi: Autonomia, Concorrenza, Cultura, Diritti Sociali, Docenti, Economia, Finanziamenti, G7, Giovani, Istruzione, Napoli, Nord, Politica, Questione Meridionale, Questione Settentrionale, Regioni, Stato, Sud, Sviluppo, Territorio, Unione Europea, Università.

La registrazione video di questo convegno ha una durata di 6 ore e 18 minuti.

Donne ai margini delle università

Articolo di Marzio Bartoloni e Manuela Perrone pubblicato venerdì 10 novembre 2017 da Il Sole 24 Ore.

Donne ai margini delle università

Gender gap accademico, indagine Here – Fondazione Crui. Sono il 56% degli studenti, il 51% dei ricercatori, ma solo il 22% degli ordinari e il 7% dei rettori

Sono di più e sono anche più preparate ai nastri di partenza. Eppure ai traguardi più alti della carriera ci arrivano in poche. Troppo poche. Perché l’università italiana, nonostante qualche timido cambiamento negli ultimi anni, resta più che in altri settori della pubblica amministrazione ancora appannaggio degli uomini, soprattutto nei gradini più alti: l’ambita cattedra o la poltrona di rettore.

Che il gender gap accademico sia profondo è noto. Ma l’ultima fotografia contenuta in una indagine realizzata dal centro studi Here (Higher education research) della Fondazione Crui (la Conferenza dei rettori) che sarà presentato oggi alla Bicocca di Milano in un incontro internazionale fa emergere questo divario con una nitidezza incredibile. Le donne all’università partono con la forza impetuosa di un fiume in piena per concludere il percorso come un piccolo rigagnolo: nel 2016 erano iscritte in 928mila, contro i 733mila colleghi, rappresentando il 56% degli studenti. Dopo le prime buone performance accademiche (si laureano prima e con voti più alti degli uomini) già ai primi passi della carriera accademica si torna alla parità: le giovani ricercatrici (dottorande) sono il 50,9%, per poi diventare il 41,9% tra i ricercatori più inquadrati (ma sempre a tempo determinato). Quando la partita si fa più interessante ecco che i colleghi maschi serrano i ranghi e cominciano ad avere la meglio: diventano l’ampia maggioranza tra i professori associati – il primo gradino della docenza – con quasi il 63% delle cattedre conquistate (sono 12.516) a fronte del 37,2% delle colleghe (che sono 7.405). Va ancora peggio nel gradino più alto, quello da professori ordinari dove gli uomini rappresentano la stragrande maggioranza (sono quasi il 78%): ci sono 10.096 professori a fronte di 2.879 professoresse (22%). Infine l’ultimo sbocco: quello da rettore. Oggi in Italia su 96 Magnifici, solo sette sono donne: quattro al Sud, due al Centro e soltanto una al Nord.

«L’università deve diventare un avamposto», avverte Stefano Paleari direttore scientifico di Here e docente a Bergamo. Che spiega: «Il sentiero è tracciato perché nei primi livelli di carriera le donne sono numerose. Ora bisogna sperimentare negli atenei forme di welfare che favoriscano la conciliazione del lavoro con la famiglia».

Va detto che la situazione negli ultimi anni è migliorata – le donne negli staff accademici sono cresciute quasi del 5% – ma c’è ancora tanta strada da fare. Perché dunque questo gender gap così profondo? Oltre a note ragioni storiche e culturali che hanno radici lontane un motivo sta proprio nelle scelte delle donne. Che – come riporta la stessa indagine – quasi decidono di “auto-segregarsi” in alcune discipline rispetto ad altre che lasciano in maggioranza agli uomini. Le facoltà umanistiche (lingue, letterature, pedagogia) sono presidiate quasi solo dalle donne che rappresentano dall’80% fino al 90% degli iscritti. In medicina le studentesse sono il 60% e il 78% in psicologia. Crollano invece le iscrizioni tra le studentesse nelle materie scientifiche: matematica e informatica sono scelte dal 27%, ingegneria solo dal 23%.

Allargando lo sguardo dagli atenei al mondo del lavoro, la scelta universitaria è soltanto l’ultimo atto di un divario nelle materie scientifiche che, come testimoniano diverse indagini (Timms 2015, Ocse-Pisa 2015), comincia dai banchi di scuola. Riflettendosi nelle aspirazioni, nelle decisioni e, a cascata, nei livelli di disoccupazione e precariato. Non è un caso che la scarsa presenza femminile nelle Stem (acronimo di Science, Technology, Engineering and Mathematics) sia ormai argomento di discussione a tutti i livelli, G7 compreso.

Ad aprile il Consiglio d’Europa sfornerà il rapporto «Women in the economy: promoting gender equality and women’s access to Stem education and careers», curato dalla presidente della commissione Equality and non discrimination, la deputata di Forza Italia Elena Centemero. Che non ha dubbi: «Le ragioni del gap non risiedono in una minore predisposizione delle donne verso la scienza, ma nella visione stereotipata di famiglie e insegnanti, che non incoraggiano le bambine e le ragazze in queste discipline». Ricordando che la Commissione Ue ha stimato in 900mila i posti vacanti nel settore lct entro il 2020 e in 9 miliardi l’aumento annuo del Pil se sul mercato del lavoro digitale ci fosse un numero pari di donne e uomini, il report sottolineerà l’urgenza di colmare il gap, più elevato nei Paesi mediterranei. «E’ un investimento per la crescita», sostiene Centemero. «Occorre intervenire su reclutamento docenti, disponibilità di didattiche innovative, orientamento e formazione continua degli insegnanti. È Il tema del futuro».