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Bussetti: la scuola regionale si farà

Articolo di Martina Zambon pubblicato domenica 7 luglio 2019 dal Corriere del Veneto ed. Venezia e Mestre.

Bussetti: la scuola regionale si farà

L’istruzione nodo su cui si è diviso il governo legastellato. «Io cassato su tutta la linea? Tutte falsità». Autonomia, il ministro alla vigilia del nuovo vertice a Palazzo Chigi: «Il modello è il Trentino»

Autonomia, c’è chi giura che domani sarà la volta buona. Alle 14 è convocato un nuovo vertice di governo che potrebbe essere risolutivo. Il nodo gordiano resta l’istruzione. Abbiamo chiesto a Marco Bussetti (Lega), titolare del Miur, ministero per l’Istruzione, l’Università e la Ricerca, a che punto sono le frenetiche trattative in corso.

Ministro, più esponenti del M5s dicono che la parte di autonomia legata all’istruzione è stata «azzerata » nel corso del vertice di mercoledì scorso, è andata così?

«Tutto ciò è lontano dalla realtà. Chi lo afferma o non ha partecipato all’ultima riunione presieduta dal presidente Conte a Palazzo Chigi o intende dire una bugia».

Per fare chiarezza, le indiscrezioni che circolano dicono che sono state cassate le richieste in merito al personale, docente e non, gestito e pagato direttamente dalle Regioni, ce lo può confermare?

«Non è così. Questa parte della bozza di intesa rappresenta una richiesta espressa delle Regioni Veneto e Lombardia su cui il ministro Stefani e gli uffici del Miur hanno lavorato per settimane. Il modello a cui ci si ispira è quello da anni vigente in Regioni come il Trentino e la Valle d’Aosta. Modello che funziona perfettamente e che, eventualmente, con qualche correttivo, può essere esportato, in base a quanto previsto dall’articolo 116 della Costituzione, anche in Regioni a statuto ordinario».

Allo stesso modo pare siano stati cassati i concorsi regionali per le assunzioni, la versione propugnata dal M5s consisterebbe in due paletti: limitazioni alla mobilità per far restare i docenti sul territorio e introduzione di un incentivo regionale. Andrà a finire così?

«Ho già detto poco fa quale è il modello a cui la bozza di intesa si ispira. I concorsi regionali sono la norma nelle Regioni sopra citate, ma i bandi regionali sono spesso mera riproduzione letterale dei bandi nazionali. Mi spiega quale sarebbe il problema?».

E l’eventuale incentivo regionale sarebbe a carico delle Regioni a fronte di un diverso trasferimento dei fondi ministeriali?

«L’incentivo regionale non è attualmente nella bozza di intesa all’esame del tavolo presieduto dal Presidente Conte. Prevedere un incentivo economico presuppone l’obbligo di indicare le risorse per coprirlo. Chi lo propone dovrebbe indicare con quali risorse lo copre. Altrimenti sono soltanto parole in libertà».

L’istruzione è uno dei temi più spinosi proprio in relazione alle risorse. Esiste già una base concreta di cifre da cui si sta partendo nelle trattative in corso?

«Certamente. Le intese per avere l’assenso della Ragioneria Generale dello Stato devono garantire la neutralità finanziaria. Ciò avviene trasferendo alle Regioni interessate gli stanziamenti statali relativi al finanziamento delle funzioni e competenze trasferite ai sensi dell’articolo 116, comma tre, della Costituzione. Anche in termini di compartecipazione a tributi erariali. Ecco perché un euro in più necessita di adeguata copertura finanziaria».

Domani si arriverà al vertice di governo già con una quadra sull’istruzione?

«Si parlerà anche di istruzione. E posso dirle che anche in queste ore gli uffici tecnici della Presidenza del Consiglio e del Miur stanno lavorando per limare le bozze di intese. Lunedì, in sede di riunione politica, si scioglieranno gli ultimi nodi».

Al netto delle contrattazioni e delle mediazioni evidentemente necessarie per arrivare ad un accordo, qual è la sua opinione rispetto a una scuola «più regionale», «più autonoma»?

«Io penso che la scuola debba garantire standard sempre più elevati ai nostri studenti. Soltanto cosi il Paese può crescere. L’autonomia scolastica non è una invenzione del ministro Bussetti, ma un principio ormai radicato nell’ordinamento italiano. Una regionalizzazione, nella cornice tracciata dalla Carta costituzionale, è una opportunità in più, non un problema».

Crede che il passaggio dei Lep (Livelli essenziali di prestazione ndr) per arrivare ai costi standard potrebbe servire anche alle regioni del Sud come sostiene il governatore Luca Zaia?

«Sono pienamente d’accordo con Zaia. E la conferma della bontà della tesi la si ritrova nel fatto che anche Regioni del Sud si dichiarano interessate al processo di regionalizzazione».

I sindacati accusano: con una scuola regionale si «disfa» l’Italia, come intende convincerli del contrario?

«Quando leggeranno le bozze di intesa si convinceranno del contrario. Sono convinto che molte critiche hanno esclusivamente una base ideologica ma non siano state precedute da un esame attento dei testi. E poi mi verrebbe da chiedere: il modello trentino o valdostano cosa ha di rivoluzionario? E soprattutto, è un modello virtuoso? Se sì, perché dovremmo privare i cittadini di altre Regioni di un processo di elevazione degli standard qualitativi del servizio scolastico?»

C’è chi dice che l’accordo sulle risorse farà dell’autonomia un guscio vuoto…

«Il ministro Tria sta lavorando alacremente per far sì che le intese siano neutrali sul piano finanziario e che le Regioni abbiano risorse pienamente sufficienti ad esercitare le competenze statali trasferite. Sono sicuro che l’obiettivo verrà colto. E che l’autonomia sarà tutt’altro che un guscio vuoto».