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Prof universitari ancora sul piede di guerra: esami di gennaio a rischio

Articolo di Marzio Bartoloni pubblicato mercoledì 13 dicembre 2017 da Il Sole 24 Ore.

Prof universitari ancora sul piede di guerra: esami di gennaio a rischio

Per gli studenti universitari, dopo l’appello di autunno ora è a rischio anche quello invernale. I docenti universitari – almeno gli 11mila che hanno già aderito al clamoroso sciopero dell’ottobre scorso quando saltò il primo degli appelli previsti in quella sessione – sono di nuovo sul piede di guerra. Nei giorni scorsi hanno scritto una lettera aperta al premier Gentiloni per annunciare la loro delusione per la soluzione trovata finora in manovra per lo sblocco degli scatti di stipendio. Se non ci saranno novità importanti nel passaggio alla Camera – avvertono – sono pronti a proclamare un nuovo sciopero.

Nel mirino della protesta il blocco degli stipendi del periodo 2011 – 2015: l’intervento previsto finora in manovra – che costa 150 milioni all’anno a regime – non recupera il pregresso, ma guarda al futuro e punta attraverso l’introduzione di scatti biennali e non più triennali a favorire soprattutto i giovani (anche in chiave pensionistica) che sono stati i più penalizzati in passato. La norma prevede che il nuovo meccanismo comincerà a decorrere con i suoi effetti giuridici dal 1 gennaio del 2018. Mentre gli effetti economici si vedranno solo due anni dopo. Ma i docenti nella loro lettera bocciano la norma, prevista nella legge di bilancio già approvata al Senato, lì dove prevede meccanismi selettivi che attribuiscono gli scatti in base a criteri premiali di merito. Un fatto che non va giù ai prof universitari che aderiscono alla protesta che lamentano il fatto che così «si introduce una premialità non prevista dalla legge 240/2010 (la riforma Gelmini, ndr) e così si riconoscono gli scatti, bloccati dal 2011 al 2015 per tutti i docenti, solo ad alcuni di essi e non a tutti i docenti meritevoli».

L’eventualità di un nuovo sciopero degli esami, già per l’appello di gennaio-febbraio, si deciderà dunque in questi giorni alla Camera. In realtà già al Senato, attraverso un emendamento presentato da Francesco Verducci del Pd, erano stati stanziati altri 60 milioni come una tantum per il pregresso (anche se, visto l’importo, avrebbe comportato un ristoro parziale del blocco del passato). L’emendamento alla fine non è stato approvato ma il Governo, attraverso il vice ministro dell’Economia Enrico Morando, si è impegnato a recuperare l’intervento. Che tra le altre cose – a quanto trapela dalla maggioranza – dovrebbe anche abolire il meccanismo premiale previsto per gli scatti biennali del futuro accontentando così almeno parte delle richieste dei prof in rivolta. Che nella loro lettera chiedono anche un riconoscimento per «i docenti universitari andati in quiescenza negli anni 2015-2016-2017». E concludono con un avvertimento: «Se il Governo persisterà nel suo proposito di ignorare le nostre legittime richieste, dovrà assumersi per intero la responsabilità politica di quanto accadrà».

Cnr, vertenza precari: aiutateci a non fuggire dall’Italia

Articolo di Pasquale Guardascione pubblicato venerdì 8 dicembre 2017 da Il Mattino Napoli.

Cnr, vertenza precari: aiutateci a non fuggire dall’Italia

Battaglia per la stabilizzazione. Insufficienti le risorse previste dalla finanziaria in discussione

Il personale precario del Cnr delle aree di Napoli e Pozzuoli è in assemblea permanente, supportato dai sindacati, per chiedere all’Ente e al governo uno sforzo congiunto per l’attuazione della legge Madia, e quindi la stabilizzazione a partire dal 1 gennaio prossimo. La mobilitazione in tutta Italia va avanti con manifestazioni e flash-mob nelle varie sedi del Cnr, sit-in davanti ai ministeri e interlocuzioni dirette con i ministri della Funzione Pubblica e dell’Istruzione. Con il fiato sospeso ci sono circa 400 precari a Pozzuoli e Napoli.

«Noi studiamo le tecnologie del futuro per creare una società più libera, non dominata dai diktat dei grandi gruppi internazionali», spiega Sara Coppola, ingegnere biomedico a tempo determinato e rappresentante per la sede puteolana dei Precari Uniti Cnr: «In un Paese dove ogni giorno si parla solo di aumento dell’età pensionabile noi precari del Cnr chiediamo un cambio di rotta, di investire nelle professionalità della ricerca pubblica. Lavoriamo per dotarci delle chiavi per aprire le porte del domani e solo un Paese che investe nella ricerca può pensare di essere competitivo a livello internazionale». Il presente, per questi giovani è fatto di instabilità e incertezza. «Oggi il mio contratto viene rinnovato ogni tre mesi – continua Coppola – l’ultimo scadrà a fine dicembre. Nella mia situazione si trovano tanti colleghi. Credere nella ricerca significa offrire un’opportunità, limitare la fuga di cervelli e dare un futuro ai più giovani che escono dal mondo universitario».

L’esame degli emendamenti in Senato, da parte della Commissione Programmazione Economica e Bilancio, ha portato a una drastica riduzione dei finanziamenti ipotizzati, ora sono del tutto insufficienti rispetto al numero di precari da stabilizzare: in tutta Italia oltre tremila. L’emendamento approvato nella seduta del 28 novembre, se confermato dal prossimo esame in assemblea, metterebbe a disposizione 10 milioni di euro per il 2018, portati a 50 dal 2019 consentendo di assumere a regime, secondo il Miur, non più di 2.170 precari negli enti pubblici per la ricerca. «Il presidio di Pozzuoli si unisce a quelli in tutta Italia con l’obiettivo di sanare completamente la piaga del precariato attraverso finanziamenti mirati per la stabilizzazione», spiega la ricercatrice: «La mobilitazione in atto nel comprensorio ex Olivetti e a Napoli proseguirà per seguire sia l’iter degli emendamenti alla Camera, per ottenere risorse adeguate a stabilizzare tutti gli aventi diritto, sia per garantire il rinnovo a chi ha il contratto».

In Campania tanti sono i ricercatori che lavorano con passione ogni giorno e svolgono attività di eccellenza riconosciute in campo nazionale e internazionale in diversi settori scientifici. Il 40% del personale del Cnr è precario. «Sono molti i colleghi che non accettano le condizioni in cui ci troviamo a lavorare perché puntano ad un orizzonte migliore», conclude Coppola: «Ogni volta che un nostro collega decide di lasciare la Campania e l’Italia perdiamo completamente tutte le competenze e la professionalità acquisita in anni di esperienza.  È come se facessimo un investimento e poi lo sbloccassimo prima di ritirare gli interessi, regalando tutte le competenze a Paesi più lungimiranti che credono nella ricerca e riconoscono le nostre professionalità». L’Italia, infatti, investe solo l’1,33% del Pil in ricerca e sviluppo: siamo il fanalino di coda di tutta l’Unione Europea.

Ai docenti altri 60 milioni «sottratti» al Fondo Natta

Articolo di Marzio Bartoloni pubblicato domenica 19 novembre 2017 da Il Sole 24 Ore.

Ai docenti altri 60 milioni «sottratti» al Fondo Natta

Il Governo invia un nuovo segnale ai docenti universitari. Dopo la trasformazione degli scatti di stipendio da triennali a biennali – con gli effetti economici che partiranno però solo dal 2020 per un costo a regime di 150 milioni l’anno – la legge di bilancio potrebbe stanziare altri 60 milioni. Un emendamento a firma di Francesco Verducci (responsabile università e ricerca del Pd) che dovrebbe avere il placet del Governo stanzia subito nuovi fondi da versare ai professori universitari come “una tantum” per ristorarli almeno parzialmente del blocco degli stipendi subito dal 2011 al 2015. Un blocco che nei mesi scorsi è finito al centro di un clamoroso sciopero degli esami durante l’appello autunnale a cui hanno aderito oltre 11mila docenti.

Sarà un decreto del Miur a indicare criteri e modalità (entro 45 giorni) per ripartire le risorse tra gli atenei e selezionare i destinatari dell’intervento «secondo criteri di merito accademico e scientifico». Per trovare le risorse si attingerà al Fondo per le Cattedre Natta introdotto due anni fa dalla manovra per finanziare ogni anno 500 chiamate dirette dei migliori cervelli dall’estero o dall’Italia. Il Fondo però non è mai decollato anche per la forte opposizione del mondo accademico contrario a un percorso straordinario per accedere alla cattedra rispetto all’iter normale (abilitazione e poi concorso locale). Ora quelle risorse (circa 75 milioni all’anno) saranno in buona parte utilizzate per rendere più pesanti gli stipendi di chi una cattedra già ce l’ha.

In arrivo anche nuove risorse per le borse di studio (20 milioni) e fondi per stabilizzare i ricercatori precari degli enti di ricerca (50 milioni).