I doveri di UniFe e del rettore Zauli, scienziato

Articolo di Daniele Oppo pubblicato giovedì 4 luglio 2019 sul suo blog.

I doveri di UniFe e del rettore Zauli, scienziato

Background

Quando nell’aprile 2019 chiamai al telefono il rettore dell’Università di Ferrara, Giorgio Zauli, per conoscere da lui – unico a poterlo svelare – l’esito dell’indagine della Commissione Etica di UniFe nei suoi confronti, mi liquidò con un netto “non ho tempo da perdere”, chiudendo poi la comunicazione. A tre mesi di distanza, piccato dall’azione di quel gran ficcanaso del prof Lucio Picci, docente a UniBo, ha rivelato, con uno scritto terribile (in cui cita male niente di meno che Joseph Goebbels) che

“Dopo oltre sei mesi di approfondimenti la Commissione Etica ha archiviato il caso non essendo emersi a mio carico né elementi dolosi né di colpa grave”

Me ne congratulo personalmente, lo sapeva solo da gennaio e come lui gli organi interni a UniFe:

Dell’esito dei lavori della Commissione Etica sono stati puntualmente informati il Senato Accademico ed il Consiglio di Amministrazione nel mese di gennaio 2019.

Chissà che fatica gli sarebbe costata dirmelo direttamente quel giorno d’aprile, dopo avermi bypassato per lungo tempo (il suo ex portavoce, Andrea Maggi, forse ricorderà le mie chiamate con cadenza quasi settimanale e come mi rimbalzava spiegandomi che il rettore – nel frattempo disponibile per varie interviste su altri temi – era molto impegnato. Non ce l’ho con Maggi, faceva il suo lavoro [?]).

Chissà per quale motivo, dopo avergli chiesto pubblicamente un atto di trasparenza, ha deciso d’ignorare completamente il mio invito (a parte il fatto che sono un signor nessuno che non conta un tubo, s’intende, ma insomma, scrivo per un quotidiano che nella ‘sua’ Ferrara un peso lo ha, eccome).

Stando a quanto scrive, il motivo andrebbe ricercato nel fatto che

 l’Università non è in alcun modo obbligata a rendere pubblicamente conto agli organi di stampa dello svolgimento e/o degli esiti dei procedimenti interni o esterni condotti nei confronti di qualsiasi membro della comunità accademica.

Il che, per carità, sarà anche formalmente vero.

Ma Zauli, volontariamente o meno, non considera una cosa: è stato accusato di aver pubblicato delle ricerche scientifiche contenenti dati e immagini manipolate. Non è un fatto esclusivamente interno all’Università di Ferrara: non è stato accusato di aver adottato pratiche amministrative discriminatorie, è stato accusato di aver pubblicato (dunque reso pubbliche, per tutti e non per la sola UniFe) delle ricerche scientifiche problematiche dal punto di vista dell’integrità dei dati. La ricerca scientifica è per sua stessa essenza pubblica. Il ricorso alla Commissione Etica, peraltro e come da lui stesso ammesso, non è una sua iniziativa diretta ma è la sua risposta al ricorso presentato per primo da Leonid Schneider (giornalista e blogger tedesco che per primo ha rilevato le tante segnalazioni apparse su PubPeer) e respinto perché privo di legittimazione ad agire essendo esterno all’Ateneo. La stessa Commissione Etica ha affermato di aver preso in considerazione il caso partendo dalle istanze difensive del rettore e considerandole come autonoma richiesta di valutazione. Una risposta che è arrivata dopo che sia Sylvie Coyaud che io su Estense.com (e in misura minore anche la Nuova Ferrara, che poi ha abbandonato) abbiamo ripreso la questione a livello nazionale e locale, per lungo tempo inascoltati.

Lo stimolo è esterno, non interno. E la richiesta del rettore nasce per rispondere ad esso.

La risposta odierna di Zauli non permette di capire se quelle ricerche – pur senza il concorso di un suo dolo o di una sua colpa grave – siano o meno inficiate nella loro validità. Perché la domanda che da (ex?) giurista mi pongo è: se l’esito della valutazione della commissione è che non sono stati ritenuti presenti dolo o colpa grave in Zauli, c’è una qualche condotta sbagliata in quelle ricerche? C’è una colpa comunque, seppure non grave? Chi riguarda? Altri membri dei team di ricerca? C’è davvero una ‘manipolazione’ – per quanto involontaria o non controllabile da Zauli – dei dati e delle immagini?  È necessario saperlo, perché sono ricerche finanziate probabilmente con denaro pubblico o raccolto tra il pubblico, svolte all’interno di Università e laboratori di ricerca pubblici.

Sapere se sono da considerarsi difettose è interesse pubblico e per questo il rettore o gli altri organi accademici di UniFe che sono a conoscenza della situazione avrebbero l’obbligo morale ed etico (anche se il richiamo agli obblighi etici non sembra essere molto gradito a Zauli in un strano accostamento con la minaccia di stato etico dal quale lui rifugge, come il sottoscritto) di renderlo noto e non per puntare per forza il dito contro qualcuno, ma per preservare la qualità e la credibilità della ricerca accademica e scientifica, in un campo così sensibile come è la ricerca biomedica, che ha a che fare con la salute e la vita umana.

Conoscere l’esito completo e il percorso decisionale adottato dalla Commissione Etica permetterebbe di capire se quelle ricerche hanno ancora un valore e quale sia, permetterebbe alle riviste scientifiche che le hanno pubblicate di valutare, eventualmente, una ritrattazione o chiedere delle correzioni. Permetterebbe, insomma, al processo scientifico di compiere appieno il suo corso, di azionare i meccanismi di autocorrezione che lo hanno reso così efficace nella storia del pensiero e dell’azione umana e che non si esauriscono nella revisione tra pari, ma continuano, come è naturale che sia, anche dopo la pubblicazione.

Essere completamente trasparente in questa vicenda forse non è un dovere che gli compete in quanto rettore, gli compete però in quanto scienziato.