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Lauree e master: alt ai furbetti, adesso alla Luiss li smaschera la Blockchain

Articolo di Eugenio Occorso pubblicato lunedì 22 luglio 2019 dall’inserto Affari&Finanza di la Repubblica.

Lauree e master: alt ai furbetti adesso li smaschera la Blockchain

La Luiss Business School adotta per prima in Italia la tecnologia di ultima generazione: tutti i titoli e le competenze acquisite verranno riportati in un “registro” ipercontrollato e immodificabile accessibile sul web in tutto il mondo

Il caso più clamoroso è anche il più paradossale: Marilee Jones era la dean of admissions, ovvero la preside dello speciale istituto presso il Mit che vagliava le domande di ammissione. Bene: nel 2007 l’impietoso investigative team del Boston Globe svelò che aveva fabbricato il suo curriculum al momento dell’assunzione nel 1979 inserendovi ben tre lauree fasulle: dell’Union College, del Rensselaer Polytechnic Institute e dell’Albany Medical College. Ammise tutto e fu licenziata. Ma non è certo l’unica storia del genere: in ogni angolo del mondo il vizio di falsificare i titoli di studio è diffusissimo. La Germania è particolarmente severa: perfino Ursula von der Leyen nel 2015 fu accusata non di aver inventato la laurea ma di aver copiato la tesi senza citare le fonti. Fu creata una commissione di esperti indipendenti e in qualche modo se la cavò: non altrettanto bene era andata negli anni precedenti a due ministri del governo Merkel, Karl-Theodor zu Guttemberg e Annette Schavan (ministra dell’Istruzione), costretti alle dimissioni così come nel 2016 la deputata socialdemocratica Petra Hinz che non solo non era laureata come sosteneva ma non aveva neanche conseguito la licenza liceale.

I casi italiani

In Italia casi del genere ce ne sono ovviamente a bizzeffe, dal sottosegretario Guido Crosetto che ammise «l’innocente bugia» di essersi inventato una laurea in Economia a Renzo Bossi che si era laureato all’università privata Kristal di Tirana senza aver preso la maturità, da Oscar Giannino le cui ambizioni politiche si infransero su un fantomatico PhD a Chicago fino all’attuale premier Giuseppe Conte che non aveva mai conseguito un executive master alla Nyu ma si era limitato a seguire qualche lezione. Di fatto, l’85% dei curriculum in circolazione sono falsati in un modo o nell’altro: il calcolo viene dalla Luiss Business School, che non a caso avvierà in settembre, prima in Italia, una rivoluzionaria iniziativa: un registro garantito e immodificabile di titoli e competenze creato con la tecnologia Blockchain. In Italia la prima a investire in questo settore è la Luiss Business School: a partire dal prossimo settembre, istituirà su una piattaforma Blockchain una sorta di “registro” dei corsi conseguiti presso di essa, sia master tradizionali che “executive”, cioè quei corsi riservati a chi è già laureato, di solito ha anche già un lavoro, però vuole arricchire il curriculum puntando su nuove e più gratificanti offerte. «L’applicazione della Blockchain alla formazione executive è un punto di svolta per noi e per il settore», commenta Paolo Boccardelli, che della Luiss Business School è il direttore. «Attraverso il digitale cambiamo il modo di lavorare e saremo in grado di determinare profondi cambiamenti nel mercato del lavoro e dell’educazione, introducendo un livello di trasparenza fino a ieri inimmaginabile». Il registro istituirà per ogni “allievo” una vera e propria scheda personale, completandola con tutte le informazioni anagrafiche e professionali. Così le aziende e le istituzioni saranno in grado di conoscere nel dettaglio il percorso, la formazione e soprattutto le competenze delle persone – i punti in cui l’allievo si è particolarmente distinto nei suoi studi e le varie specializzazioni conseguite – e questo sarà valido dall’impiegato al top executive. «Gli sviluppi della Blockchain sono ancora per molti versi inesplorati», aggiunge Boccardelli. Non a caso uno dei corsi abilitanti della Luiss Business School, i cui risultati saranno ovviamente riportati nel “registro” hi-tech, sarà dedicato proprio alle tecnologie Blockchain, a fianco di tante altre specializzazioni, dalle filiere agroalimentari al Fintech.

La società di hi-tech

Il partner tecnologico è EY, che a sua volta punta fortemente su questa tecnologia al punto di avervi dedicato venti centri d’eccellenza in tutto il mondo. Giuseppe Perrone, responsabile dell'”hub” dedicato alla Blockchain di Roma, l’unico in Italia, che serve l’intera area del Mediterraneo, spiega: «Abbiamo scelto fra le poche piattaforme d’appoggio esistenti nel mondo la Ethereum, sicuramente ai vertici fra le reti di Blockchain pubbliche, cioè consultabili da chiunque via Internet. Ad essa come EY facciamo spesso riferimento per le aziende nostre partner». Il “pacchetto” predisposto per la Luiss prevede che non venga certificata solo l’attività svolta presso l’università. «Ricostruiamo l’intera vita professionale dell’interessato, inserendo nel registro non solo i titoli ma tutte le competenze acquisite, ovviamente con il suo consenso, e inseriamo il tutto nel curriculum che acquisisce così una ben superiore affidabilità», spiega Enzo Peruffo, responsabile della Executive education alla Luiss Business School. Ma chi certifica i certificatori della Blockchain? «La procedura di Ethereum – riprende Perrone – è la seguente. Essendo un network, i vari “nodi” che la compongono sono fra di loro indipendenti. A ogni “nodo” corrisponde un server, abbastanza potente da essersi guadagnato il titolo di “miner”. Al momento di comporre il “token”, cioè l’identità a cui poi corrisponderà un codice, di uno studente Luiss, uno di questi “nodi” acquisisce una sorta di leadership. Ad esso però, con una serie di passaggi che avvengono in pochissimi secondi, se ne aggiungono altri sei, ognuno dei quali fa le sue verifiche e poi concorre alla “bollinatura” del candidato. Un sistema di controlli e validazione ampiamente sperimentato che secondo noi garantisce la totale affidabilità e trasparenza di questa certificazione».